dati AlmaLaurea

Un posto negli studi? Tempi di attesa più lunghi e retribuzioni fiacche

di Eugenio Bruno

Illustrazione di Stfano Pietramala

3' di lettura

Che gli occupati italiani facciano fatica a lasciarsi la grande crisi alle spalle è ormai noto. Sia dal punto di vista lavorativo che da quello retributivo. Tant’è vero che un terzo di chi è andato a cercare fortuna all’estero non ha in preventivo di rientrare nei prossimi 5 anni, come rivela l’ultimo rapporto di AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei laureati.

Ma dai numeri del consorzio universitario con sede a Bologna emerge anche una fotografia aggiornata dell’aria che si respira dalle parti delle professioni. E in particolare della ripresa che langue per gli iscritti agli Ordini. Come dimostrano le retribuzioni piatte rispetto all’anno prima e un aumento del tempo che serve per arrivare al primo impiego.

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DALL'UNIVERSITÀ AL MONDO DEL LAVORO

(Fonte: Elaborazione Il Sole 24 ore del Lunedì su dati AlmaLaurea)

DALL'UNIVERSITÀ AL MONDO DEL LAVORO

Nel silenzio o quasi del governo gialloverde che, a un anno dal suo insediamento, si è interessato a questa categoria di lavoratori per introdurre nella manovra 2019 la flat tax fino a 65mila euro, utilizzare lo sbloccacantieri per rivedere l’obbligo per le Srl di dotarsi di sindaco o revisore oppure ampliare le categorie di beneficiari del fondo per il credito alle aziende di vittime di mancati pagamenti previsto dal decreto crescita.

L’utilizzo della laurea
Nell’esaminare le sorti dei laureati di secondo livello dell’anno solare 2013 occupati a cinque anni dal titolo, l’istantanea pubblicata qui accanto riassume di fatto come se la passano le professioni ordinistiche monitorate da AlmaLaurea. Il primo elemento che balza agli occhi è che - non fosse altro perché richiesta dalla legge - per tutte le categorie esaminate la laurea continua ad avere un peso specifico superiore al resto del campione. Se la media dei laureati magistrali italiani che dichiara di utilizzare in maniera elevata, nella propria attività, le competenze acquisite all’università si ferma al 54,9% (in aumento rispetto al 48,8% del 2017), tutte le categorie monitorate si pongono al di sopra di quell’asticella. Chi più (gli avvocati con l’85,2%), chi meno (gli ingegneri industriali e gestionali al 60%). E anche se si passa a tastare il grado di soddisfazione per il lavoro svolto il copione non cambia. Visto che - in una scala da 1 a 10 - si oscilla dal 7,5 totalizzato dai legali all’8,7 dei dentisti. A fronte del 7,5 medio della platea complessiva. In un contesto in cui l’età media con cui si arriva alla laurea non supera comunque mai i 27,4 anni.

Le retribuzioni al palo
Quando ci si sposta sulle retribuzioni lo scenario muta. Se per la totalità dei laureati di secondo livello lo stipendio medio netto è salito dai 1.415 euro del 2017 ai 1.459 dell’anno scorso, per le 14 professioni monitorate da AlmaLaurea bisogna distinguere caso per caso. Sono ben otto infatti le classi di professionisti che si collocano al di sotto della media. A cominciare dagli psicologi, che superano la soglia critica dei mille euro ma si fermano a 1.011, oppure dagli avvocati e dai biologi, che restano in zona 1.200 euro. Ma c’è anche chi sta meglio della media. Innanzitutto dentisti e odondostomatologi, che hanno visto le loro retribuzioni medie nette salire da 2.142 a 2.245 euro. E anche i quattro tipi di ingegneri censiti. Con un distinguo necessario per gli industriali e gestionali, da un lato, e meccanici, dall’altro: i primi sono passati dai 1.783 euro del 2017 ai 1.732 del 2018; i secondi, nello stesso arco di tempo, da 1.828 a 1.783 euro.

I ritardi del primo impiego
Ad accomunare quasi tutti i professionisti è poi l’aumento dell’intervallo che passa tra la laurea e il reperimento del primo lavoro. Fatta eccezione per i dentisti, che vedono calare i mesi necessari per questo step da 8 a 7,9 e gli ingegneri meccanici, che restano inchiodati a 6,7, tutti gli altri registrano una crescita dei tempi di transizione tra gli studi e l’occupazione. Su tutti gli avvocati che passano da 17,1 a 22,5 mesi. Ma a sfondare il tetto dell’anno di attesa ci pensano anche gli psicologi (16,3 mesi), i biologi (14), gli specialisti in contabilità (13,8) e gli agronomi e forestali (12,4). In un quadro complessivo che vede tutti gli ingegneri, i dentisti, i farmacisti, i veterinari e gli architetti passarsela meglio del complesso dei laureati, arrivati ormai a 11,2 mesi di sosta ai box.

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