per l’Istat 1,8 milioni di nuclei bisognosi

Il reddito di cittadinanza finora ha raggiunto solo un terzo delle famiglie povere

di Marzio Bartoloni

3' di lettura

Il reddito di cittadinanza è arrivato finora a 674mila nuclei familiari. Ma secondo i numeri appena aggiornati dall’Istat sono 1,8 milioni le famiglie che vivono in povertà assoluta, per un numero complessivo di 5 milioni di persone. In pratica lo strumento bandiera dei Cinque Stelle ha raggiunto in questi primi mesi solo un terzo della platea potenzialmente bisognosa. I numeri dei beneficiari dell’assegno sono sicuramente destinati a salire, ma il rallentamento delle domande è evidente tanto che lo stesso presidente dell’Inps Pasquale Tridico ha ribadito che già da quest’anno ci sarà un risparmio di 1 miliardo di euro.

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Un esercito di un milione e 800mila famiglie vive in povertà assoluta, per un numero complessivo di 5 milioni di persone. Con un’incidenza che tra i cittadini stranieri balza al 30,3% - oltre un milione e mezzo di persone - mentre tra gli italiani si attesta a una media del 6,4%. Questa la fotografia appena scattata dall'Istat nelle statistiche 2018 sulla povertà. Numeri stabili ma ai massimi dal 2005. La percentuale di nuclei familiari in povertà assoluta è alta nel Mezzogiorno e arriva al 10%, contro il 5,8% del Nord e il 5,3% del Centro. Numeri subito rilanciati da M5S perché «dimostrano quanto fosse urgente cambiare rotta. Noi - spiega una nota dei deputati M5S in commissione Lavoro alla Camera - abbiamo messo al centro i bisogni dei cittadini e i dati relativi alle richieste che sono state fatte fino ad ora per percepire il Reddito e la Pensione di Cittadinanza sono davvero soddisfacenti. Aver raggiunto in pochi mesi circa 3 milioni di potenziali beneficiari è davvero un successo, soprattutto se si prendono come riferimento i dati delle misure che erano state introdotte negli anni scorsi».

In realtà i numeri pubblicati nei giorni scorsi dall’Inps sono un po’ diversi.
Al 31 maggio scorso sono arrivate 1.252 milioni di domande. Di queste ne sono state già lavorate oltre 960mila: 674mila sono quelle accolte e 277mila quelle respinte
(il tasso di rifiuto è al 26%) mentre 9mila sono «in evidenza per ulteriore attività istruttoria». I 674mila nuclei familiari raggiunti finora dal reddito di cittadinanza equivalgono a meno di 2 milioni di persone (considerando la media di 3 persone a nucleo familiare). Questi numeri sono dunque ancora lontani dall’obiettivo di 5 milioni di poveri di cui hanno parlato sempre i Cinque Stelle così come gli 1,8 milioni di nuclei in povertà assoluta certificati dall’Istat. In realtà la relazione tecnica allegata al decretone che ha stanziato i fondi per il reddito di cittadinanza ha abbassato l’asticella della platea dei beneficiari a 1,3 milioni di famiglie beneficiare. Un numero anche questo ancora distante, anche se il tempo per presentare le domande non ha scadenza.

Ma come si spiegano numeri più ridotti rispetto alle aspettative e soprattutto rispetto al potenziale di famiglie bisognose? Una prima verosimile risposta arriva dai dati dell’Istat che segnala come la povertà assoluta colpisca in modo più incisivo le famiglie immigrate: sono un milione e mezzo (il 30% di quelle straniere). Le regole del reddito però hanno introdotto diversi paletti che hanno sicuramente limitato il numero delle domande a partire dal requisito di avere almeno 10 di residenza in Italia (il precedente reddito in inclusione, il Rei, ne prevedeva solo due). Un’altra risposta arriva dalla recente relazione di Banca d’Italia che rileva come il fatto di condizionare il diritto al reddito di cittadinanza a requisiti reddituali, patrimoniali e di residenza comporta un parziale disallineamento tra platea dei potenziali beneficiari e poveri “assoluti”, che si basa invece sui livelli di consumo familiare dichiarati in indagini statistiche. In particolare, secondo Bankitalia, circa il 6% degli individui classificabili come “poveri assoluti” non rispetterebbe il requisito di residenza e circa il 35% non sarebbe in possesso dei requisiti reddituali e patrimoniali. Nelle Regioni del Nord e in quella del Centro, la quota ammonterebbe al 45 e al 57 per cento. «La maggiore presenza di stranieri e il più elevato costo della vita che non si riflette in requisiti di accesso differenziati - conclude BankItalia - contribuiscono a spiegare questa differenza».

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